Genius Loci by Vernon Lee

Genius Loci by Vernon Lee

autore:Vernon Lee
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio editore Palermo
pubblicato: 2012-01-25T05:00:00+00:00


Il leone di San Marco

e l’ammiraglio Morosini

Questa volta a Venezia ho sofferto di un senso di disorientamento (come in un negozio di bric-à-brac per turisti) e per l’assenza di ciò che si richiede ad una città storica, il genius loci. Se si è interessati davvero ai luoghi (e la passione per i luoghi è molto forte e singolare) si vuol sentire quello che la vita di quel particolare luogo si è sforzata di dare attraverso secoli inquieti, quella che è stata, per esprimersi in modo pedantesco, la formula della sua evoluzione. Soltanto quello vuole questa formula, incomprensibile e oscura se espressa a parole, ma fatta propria attraverso un centinaio di dettagli e, se possibile, simbolizzata, ma non troppo chiaramente, da qualche persona, o monumento, o momentaneo aspetto della natura.

A Venezia, a questo compito adempie naturalmente il Leone di San Marco. Eccolo sulla cima della colonna, attento, truce, la coda rigida e lo sguardo vuoto e terribile. Ma cosa vuol significare? Cosa ha a che fare con questa languida e troppo amata città? Scoprirlo vuol dire comprendere Venezia e vice-versa. Sotto strati di cose belle, ma anche senza senso e detestabili, che i secoli hanno ammucchiato ai piedi della sua colonna, si potrebbe alla fine trovare la vera Venezia, la Venezia del Leone. Ma mi sentivo abbastanza lontana da tutto questo mentre vagavo tra il prezioso mobilio e gli antichi abiti del museo comunale. La rivelazione della vera Venezia mi apparve, nientemeno, mentre osservavo un abito di cuoio bianco à la française stile Carlo II, il soprabito di cuoio di Francesco Morosini. Non mi ero mai sentita tanto perplessa e annoiata dalla discontinuità del carattere pittoresco di Venezia come quella mattina, e niente di più importante di questo soprabito avrebbe potuto catturare la mia attenzione. Dopo il soprabito veniva colui che l’aveva indossato, un ispido guerriero del XVII secolo per niente dissimile dal Commendatore del Don Giovanni, rappresentato in vari busti e dipinti, tutti con iscrizioni di encomio, tra cataste di armi catturate ai Turchi, moschetti damascati e cannoni, faretre piene di frecce, stendardi con code di crine di cavallo, picche a forma di mezzaluna e splendide scimitarre, l’intero equipaggiamento mortale del vero leggendario Oriente.

Infiniti erano poi i brutti paesaggi, le battaglie e le scene di mare nelle quali qualche artista del tempo aveva ricordato le gesta di Francesco Morosini. Così come avviene quando si è annoiati, cominciai a decifrare, senza uno scopo preciso, le iscrizioni molto abbreviate che le spiegavano. Qui c’era una grandiosa battaglia di mare, con molto fumo e le belle galee color rosa di Morosini (come il modellino esposto nella stessa stanza, con la gagliarda lampada di prua ed il vessillo dorato con il leone) che rastrellavano il mare con file e file di remi rossi. Stavano sconfiggendo i Turchi, nel 1660, nelle acque di Samos e Melos, e catturando «dieci milioni di gallette dopo averne bruciate quasi altrettante che non avrebbero potuto trasportare». Samos! Melos! I nomi mi catturarono la mente e vi si



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